mercoledì 3 giugno 2015

Ho imparato una lezione

Stamattina questo schiavo, augurandoLe il buon giorno, aveva chiesto alla Padrona se poteva chiamarLa.
Non c’era un motivo particolare, La voleva sentire dato che erano ormai parecchi giorni che non sentiva almeno la Sua voce ed inoltre voleva informarLa dei suoi prossimi impegni di lavoro e familiari che lo porteranno fuori Roma alcuni giorni, in modo che Lei fosse aggiornata sulla sua disponibilità. La Padrona gli aveva risposto che gli avrebbe fatto sapere quando poteva chiamarLa nel pomeriggio.
Purtroppo il suo messaggio è arrivato quando questo schiavo era in treno per tornare a casa e sul treno, tranne i primi minuti in uscita da Roma, non c’e’ campo per il cellulare. All’arrivo (il viaggio in terno dura circa un’ora), quando è tornato il segnale, c’erano 2 messaggi: il primo diceva di chiamarLa, il secondo diceva che era passato troppo tempo e non voleva più essere chiamata.
Il primo impulso di questo schiavo è stata di scriverLe immediatamente che non era colpa sua, che  non l’aveva chiamata perchè il messaggio non era arrivato perché non c’era linea, ma poi questo schiavo ha riflettuto ed ha capito che stava sbagliando ancora una volta. Se non era colpa sua, ancor meno era colpa della Padrona, per cui tali giustificazioni erano del tutto fuori luogo, era il suo solito stupido argomentare.
La cosa migliore era tacere ed obbedire; tenersi la delusione e rendersi conto che, ancora una volta, la Padrona, era rimasta insoddisfatta ed il colpevole non era ne né il treno, ne il cell che non prendeva, ma era sempre e solo lui.
Questo schiavo comincia a comprendere che la schiavitù è anche questo: dover rispondere dei fallimenti anche quando questi dipendono da cause “esterne” perché l’unica cosa che conta è il servizio alla Padrona e la Sua soddisfazione e quando questo non si realizza, indipendentemente dalla cause, la colpa è dello schiavo e lui deve sopportarne le conseguenze.


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